Questa è la seconda puntata del mio viaggio nel Maramures, nel Nord della Romania, verso Mocăniţa., l’ ultima linea ferroviaria a scartamento ridotto in funzione non solo per turismo.
Bar Elefant
Dopo due giorni di viaggio e 600 chilometri di strada, finalmente una birra al piccolo bar della stazione Mocăniţa di Viseu de Sus.
Si chiama Elefant, una discordanza assoluta.
Da queste parti avrei capito se si fosse chiamato Bar dell’ Orso. Ma gli elefanti in Romania?
Alexander Elefant possedeva una segheria a Viseu de Sus ed è stato l’ ultimo Ebreo a vivere da libero nel paese. O, se preferite, l’ ultimo adessere deportato.
Galizia e nazisti
Siamo ai bordi della Galizia, un tempo melting pot di razze e culture, luogo dove convivevano (non sempre pacificamente) Tedeschi, Polacchi, Ruteni, Lituani ed Ebrei.
Tutto fu spazzato via dai Nazisti, soprattutto gli Ebrei.
Viseu de Sus ha l’ aspetto di un ordinato paesino. La carrozzabile lo attraversa in lunghezza ed ai suoi bordi la maggior parte delle abitazioni ha un piccolo giardino; poi c’è la piazza, il municipio, il supermercato e le chiese. Cattolica ed ortodossa.
E’ tutto relativamente nuovo, in cemento armato o in mattoni.
Viseu de Sus
Settant’ anni fa Viseu era un tipico shtetl centroeuropeo, con le case di legno e le strade in terra battuta. I suoi circa quindicimila abitanti erano per un quarto ebrei, per un altro quarto romeni e per il resto tedeschi, ungheresi, ruteni (gli attuali ucraini). C’ erano 14 sinagoghe ed una scuola religiosa ebraica.
Oggi gli abitanti sono sempre quindicimila, ma non c’è più nessun Israelita. La differenza l’ ha fatta tutta una sola notte del 1944, quando gli Ebrei del circondario furono caricati sui treni e spediti ad Auschwitz.
Ne sopravvissero poche centinaia, che preferirono non far mai più ritorno a Viseu ed emigrare altrove. Uno solo, Pastor Friedmann Mendel, scerlse di tornare e visse fino al 1998 in un paese che non era più il suo e dove non poteva più neanche pregare dato che le sinagoghe sopravvissute alla distruzione nazista furono man mano abbattute. L’ ultima nel 1977. Le è sopravvissuto il cimitero.
Il Museo
Il piccolo caffè Elefant, è ospitato nell’ ultima casa in legno tipica degli shtetl ancora esistente in paese, unica scampata alle devastazioni della guerra. Originariamente sorgeva sull’ altra sponda del fiume; è stata, smontata e ricostruita qui, pezzo per pezzo, con amorevole cura, per ospitare oltre al caffè, un commovente micro museo della storia degli Ebrei del posto.
Al caffè-museo Elefant sono state ricostruite le modeste condizioni di vita del tempo: il principale pezzo di arredamento è un tavolo in legno con qualche sedia. Ai muri, tabelloni informativi in Romeno, Tedesco ed Ebraico e fotografie dell’ epoca, che fanno rivivere la vita dello shtetl: bambini sorridenti, rabbini ieratici ed un sottofondo di povertà vissuta con dignità.
Sul tavolo c’è il registro degli ospiti ed un po’ di documentazione cartacea.
In un’altra stanzetta c’è anche una biblioteca, con vecchi libri ebraici.
La Galizia era terra di uomini e libri, raccontava Celan, che era nato a poche centinaia di chilometri da Viseu, a Cernăuți.
Cernăuți oggi è in Ucraina e si chiama Černivci, a conferma di quanto lioquidi siano i confini in questo fazzoletto di terra..
Uomini e libri. Ma sono stati soprattutto questi ultimi a salvarsi dalla barbarie. Neanche in tanti, ma comunque più di uomini e donne.
Quelli della biblioteca del museo chissà come sono sopravvissuti ai pogrom.
Una bella storia
Forse per lo stesso straordinario caso che salvò i libri di Imre Toth, il filosofo e storico della matematica (anche’ egli ebreo), nato a pochi chilometri da qui e sopravvissuto agli orrori della guerra solo perché nel frattempo era stato incarcerato per motivi politici e riuscì a mescolarsi con i delinquenti comuni, sfuggendo alla deportazione.
Si racconta, dunque, che quando la sua famiglia fu deportata, il padre, abbandonando la casa, che non doveva essere granché diversa da questa dove è ospitato il museo Elefant, lasciò sul tavolo una lettera indirizzata “al Vincitore” che diceva più o meno: “La prego, io sono vecchio, ho 56 anni… ciò che ho messo insieme nella mia vita, questi libri, appartengono a mio figlio. Prego di non toccarli. Quando i Romani hanno occupato Siracusa hanno trovato il vecchio Archimede che disegnava cerchi sulla sabbia. E questi ha detto al soldato che stava per ucciderlo di non toccare i suoi cerchi.”.
Sembra incredibile, ma quando Toth tornò a casa dopo la guerra la trovò completamente devastata; ma i suoi libri erano ancora tutti lì.
Sono in pochi a conoscere l’ esistenza di questo toccante museo; in tanti vanno a visitare il memoriale delle vittime del comunismo e della resistenza nella vicina Sighetu Marmației, e si dimenticano di altri orrori. E forse è una rimozione di memoria preordinata, non casuale. I più giovani già ignorano quello che è successo fino al 1944 nella loro città natale. Invece sanno perfettamente quello che combinarono gli uomini di Ceaușescu.
Fine 2 di 6.
Le puntate successive sono qui:
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1 thought on “Verso Mocăniţa 2 LA MEMORIA”