Verso Mocăniţa è il racconto di un viaggio nel Maramures, nel Nord della Romania, ai confini con l’ Ucraina.
Sono partito con l’ idea di percorrere per intero la Mocăniţa, l’ ultima linea ferroviaria forestale ancora funzionante, con locomotive a vapore e scartamento ridotto dei binari.
Il viaggio per raggiungere la ferrovia è stato però interessante quanto il tragitto lungo la Mocăniţa.
Ve lo narro accompagnando il racconto con le mie fotografie.
Piove, piove, piove ed io sono in viaggio verso Mocăniţa.
Solo grigio e nuvole basse sul verde costante di questa pianura. Infinita come la pioggia che viene giù.
E sotto questa pioggia gli Ungheresi imperterriti vanno in bicicletta.
Non è il miglior modo di iniziare il viaggio e mentalmente mi maledico per aver scelto di cambiare il mio itinerario e volare a Budapest.
A dire la verità, ho solo seguito un consiglio: la strada più breve per il Maramures parte dalla capitale dell’ Ungheria, mi hanno detto. Dimentica Bucarest. Troppe montagne in mezzo, e strade improbabili.
Nella puszta verso la Romania
E così mi sono ritrovato nella puszta bagnata a puntare verso il nord rurale della Romania.
Qui – nascosta in un angolo della valle di un fiume che viene giù dalle montagne che segnano il confine con l’ Ucraina – sbuffa ancora Mocànita. L’ ultima ferrovia a vapore commerciale funzionante in Europa.
L’ orizzonte è piatto, tutto è basso, le case sono basse, anche il cielo è basso.
Gli spazi invece sono immensi, l’occhio quasi non trova ostacoli che non siano le nuvole. Penso a lunghe passeggiate in questo verde tra animali ed uccelli, anche se le cicogne sono già volate via.
Per andare dove sto andando io, non ci sono guide turistiche. Alla Feltrinelli non ne hanno. Ed anche a cercare su Internet “Maramures” o “Mocăniţa” non è che si trovi molto, giusto qualche sito istituzionale.
Ma in questa epoca di tecnologia, il navigatore GPS mi conforta con la notizia che ci vorranno ancora quattrocento chilometri di rettilineo prima di raggiungere le alture che annunciano i Carpazi.
Verso Mocăniţa
Per ore il viaggio è solo noia. Poi le prime curve e si entra in questa strana terra che è ancora un po’ Kakania ed un po’ Unione Sovietica. Antichi edifici imperial-regi in rovina e casermoni brutalisti che non se la passano meglio. Chiese ortodosse. Città con un chiaro stampo austroungarico ma prive di una precisa identità culturale.
Questa è l’ estremità recondita dell’ impero eurounito, che qui fa sentire poco il suo opprimente peso. La moneta unica non trova spazio, la grappa si distilla liberamente in riva al fiume, e lungo le strade, in assenza di autovelox, i limiti di velocità non sono un imperativo ma un “per favore”.
Anche Schengen qui è ancora il nome di una speranza: i controlli alla frontiera sono minuziosi, ma la poliziotta ungherese parla un po’ di Italiano e ci strappiamo un sorriso a vicenda.
La valle del Tibisco ed un altro confine
La valle del Tibisco è larga abbastanza per ospitare un confine (con l’ Ucraina) e paesi da entrambi i lati.
Sul versante romeno la strada segue con ostinazione il tracciato della ferrovia. Una strada ferrata ormai secondaria perché è costretta a fissare il capolinea sul fiume. Non ci sono più collegamenti con il dirimpettaio ex sovietico.
Il confine sul ponte di Sighetu Marmaţiei è stato riaperto da pochi anni ma il traffico è solo automobilistico e pedonale. Per andare in treno a Kiev, il percorso da seguire è diverso, molto più tortuoso. Prevede l’ attraversamento della Moldavia. Con la caratteristica rapidità dei treni dell’ Europa dell’ Est, ci vogliono 24 ore o poco più.
Cămara Sighet, la stazione (quasi) abbandonata
E però il capostazione della minuscola e derelitta stazione di Cămara Sighet, al confine della città ed al bordo dell’ Eurounione, è orgoglioso di annunciarmi che no, il treno non è soppresso “ce n’è uno alle 17,47”.
Ci capiamo a gesti e bocconi di parole; lui parla Romeno e Russo. La frontiera è appena oltre i binari e – vista la sua età – quello è stato il confine sovietico di buona parte della sua vita.
Il volto affilato si illumina in un sorriso che ne evidenzia gli occhi azzurro chiaro quando aggiunge la destinazione del prossimo treno: “București!”. Dimentica solo di aggiungere che per percorrere i seicento chilometri che ci sono tra qui e la capitale, il treno ci metterà dodici ore, alla velocità media di un qualsiasi scooter.
Alta Velocità, in Romania, è un concetto che si applica ancora solo agli automobilisti che ti sorpassano troppo vicino ad una curva.
Questa è una terra , di valli e montagne che preludono ad una nuova grande pianura, ed è sempre stata una zona dai confini liquidi, che ha spesso cambiato padrone: Ungheria, Polonia, Germania, Unione Sovietica, Romania.
Primo impatto con il Maramures
Mi si presentano davanti scene che sembrano venire fuori direttamente dai miei ricordi d’ infanzia: per le strade circolano carretti trainati da cavalli e carichi di fieno, a bordo dei quali siede un’ intera famiglia oppure un’ anziana coppia incurante della pioggia.
Le donne di una certa età vestono abiti neri ed hanno il capo coperto da un fazzoletto; le giovani no, vestono alla moda; ma sui carretti ci vanno tutti. Le automobili, infatti, sono un privilegio dei ricchi.
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