Sono di nuovo aperti, come un tempo, i trabocchi della costa d’ Abruzzo.
Quelli che hanno resistito a più di un secolo di erosione e salsedine, magari aiutati da qualche saggio restauro, sono ancora lì, lungo la costa a sud di Pescara: costruzioni in legno dalle lunghe ed oscillanti antenne protese sull’ acqua, con immense reti penzolanti; “una strana macchina da pesca, tutta composta di tavole e di travi, simili ad un ragno colossale” le definiva D’ Annunzio, che qui aveva casa.
Le grandi macchine pescatorie
Ma naturalmente non tutti sono scampati; l’ incuria degli umani fa più danni delle onde.
L’ ultimo a crollare in acqua è stato il Trabocco del Turchino: “il mare non aspetta”, come si dice tra gli uomini di mare di queste parti.
Ma il crollo ha avuto una potente valenza simbolica, perché il Trabocco del Turchino era proprio quello descritto più volte dal Vate nel Trionfo della morte:
Ma andiamo per ordine: cos’è veramente un trabocco?
E’ una macchina da pesca sistemata su palafitte lontano dalla riva e collegata alla costa da un pontile di legno.
Dalla piattaforma sporgente sul mare, per mezzo di argani erano calate in acqua grandi reti per intercettare i banchi di pesci che si muovevano a poca distanza dalla costa. Insomma una via di mezzo tra il peschereccio e la pesca da riva, che ha funzionato finché i pesci sono stati abbondanti.
Man mano che il pescato diminuiva, i trabocchi venivano abbandonati e lasciati in preda ai marosi, che erodono le loro fondamenta, i grossi tronchi di pino d’ Aleppo piantati sul fondo del mare.
Fino a pochi anni fa, i trabocchi della costa d’ Abruzzo erano ormai tutti inutilizzati e spesso in completo abbandono. Resistevano in attesa di tempi migliori.
Il recupero dei vecchi trabocchi della costa d’ Abruzzo
Agli inizi del millennio, a qualcuno è venuta una grande idea e numerosi trabocchi della costa d’ Abruzzo sono tornati in attività. Ma è cambiata la loro funzione. Non più macchine da pesca bensì macchine da turismo: ristoranti.
All’ inizio era quasi un gioco: si cucinava sui trabocchi per i parenti e per gli amici. Poi pian piano la cerchia degli invitati si è allargata e qualcuno ha iniziato a pensare di convertire quelle struttura in romantici ristorantini con vista spettacolare.
Le difficoltà non sono state certamente poche. I trabocchi originali sono strutture molto spartane, prive di energia elettrica e di acqua potabile, sprovviste di servizi. Insomma non proprio l’ ideale per un ristorante.
Ma con un po’ di iniziativa tutto si aggiusta, e l’ acqua potabile è arrivata e con essa anche l’ energia elettrica.
E fra poco, ne sono certo, si inizieranno ad installare impianti eolici e marini per sfruttare ciò che la natura offre, non solo da punto di vista gastronomico.
I servizi no, quelli restano a riva.
Una prova sul campo
Non è facile trovare un tavolo per mangiare in un trabocco, non immaginate di poter arrivare e sedervi. E’ indispensabile prenotare e a volte – in alta stagione – anche con qualche giorno di anticipo.
D’ altronde, si mangia solo di sera, i tavoli sono pochi, la cucina è piccola e di solito c’è un unico servizio. Menu fisso e prezzi fissi per niente dissimili tra un trabucco e l’ altro. Insomma, qualcosa che puzza di cartello.
Ma è l’ unica puzza, perché la cucina profuma di ingredienti freschi e spazia creativamente nella tradizione del luogo, con varianti ovviamente ittiche e la location è incantevole.
Sembra tutto perfetto, coniugato al piacere del palato (e della gola!).
Il trabocco che abbiamo provato noi ha servito vari antipasti di mare e di terra e poi il pezzo forte: sagnette ceci e cozze. Molto buone anche le polpette cacio e ovo al pesce.
Ma aldilà della bontà della cucina è l’ esperienza di cenare sospesi sull’ acqua che resta impressa nella mente. Vi sedete a tavola ed è come essere sul ponte principale di un veliero che sta per lasciare il porto. Aattorno a voi il mare scuro e l’ orizzonte blu e porpora, i gabbiani che si lamentano, una gentile brezza sul viso, sospesi sull’ acqua sciabordante sotto i piedi, con vista sulla costa illuminata dalla luna.
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Bello questo post e le immagini, naturalmente.
Uà, il mio sogno, cenare su un trabucco (così come anche andare a pesca su un motopeschereccio: navigare a vela no, quello almeno l’ho realizzato). In effetti però è complicato trovare posto se passi di là di fretta e non puoi programmare troppo.
Complimenti, sempre belli i tuoi post di viaggio, io ora ne ho in cottura uno proprio su di una destinazione pochi chilometri più sopra della tua, Ascoli Piceno, San Benedetto del Tronto e la provincia di Fermo, dove sono stato qualche settimana fa, per un… festival celtico. E che vuò fa, ogni scarpa addeventa scarpone.
Ciao, a presto!
Carlo