Devo aver sbagliato, questo non è un bar.
L’ uomo dietro al bancone mi guarda incuriosito e forse anche un po’ infastidito. Però il caffè me lo prepara, anche se non è un granché. Le parole sono ridotte al minimo necessario. Pago ed esco.
Forse solo un astronauta ha esperienza di un vuoto più vuoto di un paese dell’ Italia meridionale nella controra.
Tutte le saracinesche sono abbassate, tapparelle e tende chiuse. Dietro, nella penombra, è tempo di grevi sonni postprandiali, scuri e privi di sogni. Per strada non c’è nessuno. Nel silenzio senti il rumore delle suole di gomma sulle pietre del selciato. La luce è secca e le ombre profonde. Ma l’ aria è fresca, perché qui siamo in alto.
Acerenza si annuncia già da lontano, sulla cima di un coppolone, solitaria e dominata dalla Cattedrale.
Non doveva essere molto diversa la vista ai Templari in arrivo, diretti verso la Terrasanta, mille anni fa. Questa era una delle ultime tappe prima di raggiungere i porti pugliesi aperti verso Oriente.
Ma dopo essersi mostrata impudicamente tra le brume, Acerenza inizia poi a nascondersi. La strada scende nei calanchi, scorre nella valle, ed il paese resta lassù.
Prima o poi però ci si arriva. E allora l’ occhio spazia su tutta la pianura.
Da un lato il Vulture e le sue vigne, dall’altro lato grano e pascoli.
Se non fosse per le Murge che si inframezzano, si potrebbe forse già vedere il mare.
Stradine acciottolate e strette, piazzette, fontanelle ad ogni angolo e neanche una cicca a terra.
Anche perché non c’è anima viva in giro a parte i gatti e, si sa, i gatti non fumano.
Forse però questo vuoto di gente non è solo colpa della controra.
Passeggiando tra i vicoli si nota bene che tante case sono evidentemente abbandonate. Ed i cartelli VENDESI sono un po’ dappertutto. L’ impressione insomma è quello di un borgo che si svuota. Sarà anche tra i più belli d’ Italia (lo dicono anche i cartelli), ma ho l’ impressione che i suoi duemiladuecento abitanti ufficiali siano in realtà molti di meno. D’ altronde qui gli inverni non devono essere particolarmente piacevoli, e l’ isolamento non aiuta come un tempo, quando era anch’ esso un mezzo di difesa.
Camminando, osservando e ragionando su queste cose, arrivo in cima al colle e mi ritrovo di fronte alla facciata della cattedrale che riflette, assieme alle pietre chiare della piazza, la luce accecante del giorno. Strane statue e simboli esoterici all’ apparenza poco cristiani accolgono il visitatore.
In questa chiesa è custodito il bastone miracoloso di San Canio, patrono del paese. Si dice che si muova nel suo alloggiamento, avvicinandosi o allontanandosi dal visitatore a seconda della sua purezza di cuore.
Giochi di luce delle finestre colorate anticipano una cripta interessante e molto buia. Bisogna attendere che l’ occhio si abitui ed ecco piano piano emergere sirene con due code, un satiro che assomiglia al dio Pan, un profilo dal naso adunco e la barba puntuta. Assomiglia a qualcuno.
Come in tutti gli antichi borghi medievali del Sud Italia anche ad Acerenza le leggende abbondano.
Una parla di Maria Balsa, moglie del conte Ferrillo. La nobildonna era di origini slave e sarebbe stata imparentata con Vlad III. Sì, il conte Dracula. Proprio lui. Ecco a chi assomiglia quel profilo grifagno. Lei invece era bella, almeno a giudicare dal ritratto che si dice la ritragga, nelle vesti di una Madonna che regge il Bambino, e che è sempre in questa cripta.
Spesso si dice che le leggende abbiano un seme di verità Ma non sempre è dimostrabile.
Potrebbe essere vero, ma non è dimostrabile, che il primo Gran Maestro dei Templari, Hugues de Payns, si chiamava in realtà Ugo de’ Pagani e proveniva appunto dall’ omonima cittadina in provincia di Salerno.
Se però ciò fosse vero, potrebbe essere un minimo più realistica anche la leggenda delle leggende che vuole che il Sacro Graal sarebbe stato custodito e nascosto per un po’ di tempo qui ad Acerenza, forse sempre in questa cripta.. Sarebbe stato trasportato qui proprio dal Gran Maestro, prima di essere trasferito in altri luoghi che sono ancora sconosciuti.
Sì, è una leggenda.
Ma in questo pomeriggio di primo autunno, sotto una luce accecante ed avvolti in uno straordinario silenzio, si può anche credere alle leggende. La realtà ci aspetta ai piedi di questo colle, e può attendere ancora per qualche minuto. Ad essa non si sfugge. Il tempo di dipanare i tornanti che riportano a valle e sarà pronta ad accoglierci. Ma per ora è piacevole restare nel mondo ovattato del “si dice”.
In fondo, come racconta Cees Nooteboom,
Le leggende sono il midollo della storia e tutto quello che raccontano è vero
Ti è piaciuto? Ti andrebbe di leggere ancora le mie storie di viaggio e fotografia?
Perché non ti iscrivi alla mia newsletter?
Ne riceverai una solo quando pubblicherò un nuovo articolo ed i tuoi dati non verranno mai comunicati a terzi!
Se invece vuoi continuare a goderti belle foto di viaggio, usa il menu in alto e fai un giro per il mio sito!
Sapevi che puoi spedire gratis tutte le e-card che vuoi? Scegli le foto che ti piacciono di più e poi clicca sul bottone E-Card in basso a destra per spedirle a chi vuoi. E’ semplice ed è gratis!