Resta soltanto un’ insegna luminosa a ricordare a tutti dove un tempo a Berlino c’ era la libreria Karl Marx, il tempio della cultura letteraria della DDR. Un Paese dove la lettura era uno dei passatempo più popolari.
Quando la Germania era divisa in due, la gente si affollava nell’ enorme libreria per comprare libri, per ascoltare conferenze, assistere a readings di autori non solo socialisti, o semplicemente per incontrarsi e discutere.
Berlino quartiere Friedrichshain, lungo la Karl Marx Allee. Il salotto di rappresentanza di quella che un tempo era Berlino Est, capitale della Repubblica Democratica Tedesca.
Edilizia socialista per i lavoratori, con fattezze che ricordano un po’ l’ Art Deco di inizio ventesimo secolo ed un po’ i mastodontici palazzi del realismo sovietico.
I migliori architetti della nazione furono chiamati a progettare la ricostruzione del viale dopo le distruzioni della Seconda Guerra Mondiale. Il suo primo nome fu Stalin Allee. Ma poi il baffuto georgiano passò a miglior vita e si sa come vanno le cose nei Paesi con il culto della personalità…
La sezione della strada dove un tempo apriva le sue porte la libreria Karl Marx fu progettata dall’ architetto Richard Paulick: simmetria ed armonia sono il filo conduttore della sua opera sin dai tempi della sua appartenenza alla Bauhaus e si vede dal fine bilanciamento della massiccia struttura in cemento con i vuoti dei porticati e la ripetitività delle centinaia di finestre di ogni palazzo.
Nel caso della libreria Karl Marx, Paulick riuscì ad integrare all’ interno di uno di questi fabbricati un enorme negozio di oltre milleduecento metri quadrati dislocati su due piani.
Ma qui non è di architettura che vogliamo parlare, piuttosto della gente; quella che si affollava quotidianamente in questa libreria grande quasi quanto una biblioteca alla ricerca di nuovi libri, idee, opinioni. In breve tempo la notorietà della libreria oltrepassò il Muro e si propagò anche nel cosiddetto mondo libero.
Ce ne sono ancora di librofili appassionati, tedeschi e non, che ricordano il punto di libero scambio della libreria, dove si potevano finalmente investire in buona letteratura i 25 Marchi che si era costretti a cambiare (alla pari) ogni volta che si attraversava la frontiera berlinese: compravano Marx e Mao ma anche Thomas Mann, e Bertolt Brecht o scrittori che all’ epoca avevano poca diffusione oltrecortina, come Christa Wolf.
Ma ecco il paradosso: la libreria funzionava (bene) in un mondo in cui il mercato non esisteva.
Nel1989 una marea di gente straripò oltre il Muro di Berlino. Il capitalismo esondò ad Est ed iniziò ad erodere le fondamenta di quella che ormai era un’ istituzione.
Il panorama immobiliare di Berlino Est apparteneva ad uno Stato che non esisteva più: banche e fondi di investimento si precipitarono a partecipare alla svendita ed anche il fabbricato che ospitava la libreria trovò un nuovo proprietario.
Iniziarono i lavori di ristrutturazione del palazzo e ci fu una temporanea chiusura.
Poi qualcuno pensò che milleduecento metri quadrati di libri erano sufficienti in un mondo pianificato, ma troppi in un’ economia di libero mercato e così l’ Ordine degli Architetti di Berlino decise bene di trasferirsi nella sezione principale della libreria. Ufficialmente per collegarsi con il suo spirito e significato originario, creando una “open house” dell’ architettura. In realtà perché gli architetti berlinesi erano ben contenti di ottenere un bel posto così al centro e così a buon mercato. In fondo siamo a poche centinaia di metri da Alexanderplatz, lungo un viale servito da numerose stazioni della metropolitana e con innumerevoli possibilità di parcheggiare. Dal canto loro, i nuovi proprietari erano ben contenti di mettere a reddito una parte delle loro proprietà.
La libreria si ritrovò così esiliata nell’ angolo più piccolo di quello che un tempo era il suo regno: “solo” quattrocento metri quadrati.
Sopravvisse fino al 2008, stroncata infine da un ulteriore aumento del canone di locazione.
Ma non si poteva lasciar morire così un pezzo di storia. Certo che no.
E così intervenne lo Stato. E cosa fece? Inserì nell’ elenco degli edifici e monumenti storici protetti per legge…l’ insegna al neon della libreria! La sostanza può anche morire, ma il simbolo per cortesia non lo si tocchi per nessun motivo!
E così un altro pezzo di storia se n’è andato, senza fare troppo clamore, almeno sui provinciali media nostrani, dimostrando ancora una volta l’ invincibilità e l’ ottusità delle regole di mercato, per le quali quattromila Euro (al mese) valgono certamente di più di centinaia di volumi rari e di decenni di storia acquattati tra le mura della ex libreria.
Così, se vi dovesse capitare di passare da queste parti, turisti malati di Ostalgie o per chissà quale altro motivo, e doveste ritrovarvi ad osservare l’ insegna al neon che recita KARL MARX BUCHHANDLUNG sappiate che state guardando la storia, ma state vedendo il nulla.
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