Pietroburgo, la più astratta e premeditata città di tutto il globo terrestre
confessava Dostoevskij in Memorie del sottosuolo.
E come dargli torto? Questa non è una città nata dall’ incontro di popoli e culture o dall’ incrocio di traffichi commerciali.
E’ nata dalla mente e dai calcoli geopolitici di uno zar che intendeva estendere ad Occidente l’ influenza russa. E per riuscirci Pietro il Grande aveva bisogno di uno sbocco commerciale sul Baltico. Fino ad allora i traffici russi diretti ad Ovest erano tutti convogliati verso il porto sul Mar Bianco di Archangelsk, che sarà pure un posticino ameno (?), ma è veramente molto remoto e per di più per almeno sei mesi all’ anno resta bloccato dai ghiacci.
Era il 1703. Lo zar volle costruire dal nulla la sua capitale proprio nell’ Ingria appena strappata agli Svedesi al termine della Grande Guerra del Nord; e la volle simile alle città della sua adorata Olanda: una città di canali, una Amsterdam russa più che una Venezia del Nord.
Sull’isola Vasil’ievskij era stata progettata una rete di canali paralleli intersecati da viali.
Ma neanche gli zar di quell’epoca erano onnipotenti. Bastò che il quasi onnipotente Aleksandr Danilovich Menshikov, amico personale dello zar, ordinasse agli operai di restringere leggermente l’ ampiezza dei canali dell’ isola per sabotare l’ intera opera. Più stretti e privi del necessario ricambio di acqua, i canali iniziarono ad insabbiarsi immediatamente, ed oggi sono strade alberate.
Perché lo fece? Avreste dovuto domandarlo a lui.
Forse preferiva passeggiare piuttosto che nuotare per recarsi a casa sua.
Così facendo, però, Menshikov si rese forse la vita più comoda ma bruciò il futuro dell’isola dove risiedeva in un palazzo barocco proprio all’ estremità.
La simil-Amsterdam era infatti destinata a divenire il centro della Pietroburgo che stava nascendo.
Dopo l’ interramento dei canali, il baricentro si spostò più a Sud, dove i canali più grandi, grazie alla maggior portata d’ acqua, si erano salvati dall’ interramento; Fontanka, Moika e Griboyedova, sono tutt’ oggi una caratteristica del paesaggio urbano del centro di san Pietroburgo.
Stavolta è Gogol a parlare, o meglio a scrivere.
Arriviamo a San Pietroburgo in treno da Helsinki dopo 7 ore di viaggio in un paesaggio quasi immutabile: basse colline di granito e boschi di betulle.
Poche fermate, stazioni di legno in abbandono, paesi russi intravisti dal finestrino e poi la stazione Finlandia. Proprio il capolinea dove Lenin arrivò, di ritorno dal suo esilio, il 3 aprile del 1917.
La locomotiva numero 293, che trasportava il vagone piombato sul quale viaggiò Lenin è ancora lì, in una teca di vetro; nell’ immensa piazza davanti alla stazione(piazza Lenin, naturalmente)c’è la sua statua, ed a fianco dell’ ingresso della metropolitana un mosaico che lo ritrae.
Le prime difficoltà sono naturalmente con il Cirillico, ma bisogna abituarsi anche se possono insorgere equivoci imbarazzanti…
Oggi c’è un’animazione particolare in città, e scopriamo che non è solo perché è domenica.
Oggi è l’ ultima domenica di luglio, ovvero il Giorno della Marina Militare Russa.
Lungo la Neva, proprio di fronte al Palazzo d’ Inverno, sono ormeggiate gigantesche navi da guerra; dalla stessa posizione, nel 1917, l’ incrociatore Aurora puntò i propri cannoni verso la facciata barocca del palazzo, che all’ epoca era la sede del governo provvisorio russo; le strade di San Pietroburgo che a quei tempi dovevano essere piene di bolscevichi che chiamavano a raccolta la popolazione, oggi traboccano di marinai alticci o decisamente ubriachi abbracciati alle loro donne, veterani in uniforme, stelle rosse e falci e martello.
C’è anche un concerto rock in Piazza Birzhevaya, con il palco montato proprio tra le due colonne rostrate che inquadrano la facciata del palazzo dell’ Antica Borsa, ispirata alle forme del tempio di Hera a Paestum.
I Russi non si fecero scrupoli nel saccheggiare i riferimenti culturali dell’ epoca, quando si dedicarono alla costruzione di San Pietroburgo: i templi greci, l’ arte egiziana richiamata dai finti obelischi, geroglifici e sfingi del Ponte Egiziano, i gruppi marmorei romani richiamati dalle statue equestri del ponte Anichkov sono solo gli esempi più eclatanti.
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