I bambini inuit giocano da soli in queste giornate estive, calde e senza notti.
Tra gli Inuit il tipo di rapporto che si instaura tra adulti e bambini è piuttosto differente rispetto a quello che caratterizza il mondo occidentale.
I bambini sono molto amati e coccolati, ma raramente restano attaccati alle gonnelle della mamma: godono anzi di una notevole indipendenza fin dalla più tenera età.
Possono molto frequentemente decidere in modo autonomo come agire e come occupare il proprio tempo e dispongono anche di una certa libertà nel trascorrere le giornate o la notte presso parenti o amici.
Questo tipo di modello educativo, che nella nostra società verrebbe sicuramente associato a disinteresse o mancanza di cure da parte dei genitori, trova invece una spiegazione nel fatto che gli Inuit riconoscono dignità e autonomia al bambino anche quando è ancora piuttosto piccolo. Ritengono che rispettare le scelte di un bambino significa attribuirgli dignità e insegnargli a prendere decisioni fin dall’inizio, in modo che sviluppi una propria esperienza del mondo basata sul rispetto reciproco e non sui rapporti di forza.
Fidatevi, tutte queste belle cose non le dico io, ma Michaela Garbarino
Di mattina a Tasiilaq vedi i più piccoli in strada con biciclette scassate, rottami di carrozzine, con i loro giocattoli. Li vedi divertirsi con il gioco dell’ estate: il tappeto elastico. Ma sempre da soli, senza i genitori.
Durante i lunghi crepuscoli vengono fuori anche gli adolescenti, spesso a coppie, ed i bambini continuano a giocare. Sempre senza genitori. E saltano sul tappeto elastico, si inseguono con un pallone in mano, fanno ciao agli stranieri esotici. Giocano a calcio su quel campo costruito nell’ unica zona pianeggiante del villaggio, più grande e più bello di quelli che conosco io.
Una sera, camminando tra le case del villaggio, sentivamo da lontano un suono ritmato, non proprio un tamburo, ma qualcosa di simile. Avvicinandoci, il bum-bum si è fatto più distinto. Era chiaramente il suono di una batteria. Pensavo ad un gruppo musicale che stesse esercitandosi. Invece svoltiamo l’ angolo e sotto una casa di legno azzurro con gli eglefini appesi ad essiccare, spunta fuori una batteria vera. Dietro la batteria siede un ragazzino inuit impegnato con serietà a suonare, portando il ritmo – con dei pezzetti di legno al posto delle vere bacchette – ad una musica che poteva ascoltare solo lui con le cuffiette.
Alle 22,30, all’ improvviso, scompaiono tutti, il giovane batterista, i bambini sul tappeto elastico, gli adolescenti in giro mano nella mano.
A nanna, tutti, senza Carosello e senza notte.
Questi racconti sono tratti dal mio libro “Ventisette giorni e tre notti”, totalmente autoprodotto, corredato di oltre duecento fotografie a colori.
Puoi visionare l’ anteprima ed eventualmente acquistarlo, cliccando qui.