Non puoi nemmeno comprendere cosa significhi, per un ragazzo della capitale, un piccolo prato abbandonato.
Per lui è il luogo dove si gioca, è la fuga dalla realtà, è il regno della libertà.
Oggi sul terreno della via Pal si innalza, triste e severo, un tozzo fabbricato di quattro piani, e chi vi abita ignora completamente che cosa ha rappresentato per una squadra di poveri scolari di Budapest il quadrato di terra su cui sorge la casa. Ma allora il posto era vuoto
Chi, come me, ha ben superato gli anta, non faticherà a riconoscere questa citazione.
I ragazzi della via Pàl, romanzone per ragazzi di Ferenc Molnar, è stato una pietra miliare dei miei anni verdi e di tutti quelli che hanno più o meno la mia età. Ci siamo appassionati ed emozionati alle vicende di Boka e dei fratelli Pasztor, del piccolo Nemecsek, del traditore Geréb e di Feri Áts, il capo delle Camicie Rosse.
Forse i personaggi del racconto sono inventati, ma l’ ambientazione è assolutamente reale. E’ incentrata in un angolo del Distretto VIII di Budapest, Józsefváros. E’ un posto che peraltro non ha subito eccessivi stravolgimenti nel corso dell’ ultimo secolo. Possiamo ancora immaginare come fosse ai tempi raccontati da Molnar.
Via Pàl
La via Pàl (Pàl utca) esiste ancora, anche se l’ ampio spiazzo dove giocavano e si azzuffavano i ragazzi è ormai occupato da un edificio. Ma questo lo sappiamo anche dalle prime pagine del libro.
Arrivarci non è difficile. Il quartiere di Józsefváros è una propaggine del centro di Budapest: con la metropolitana basta scendere alla stazione di Corvin-negyed, a poche centinaia di metri dalla via Pàl e dalla Szent Benedek Iskola Budapesti Tagintézménye, la scuola frequentata da Boka e compagni.
E’ qui che inizia la narrazione, è qui che Nemecsek subisce il primo affronto.
I due, dunque, si avvicinavano sempre più, senza perder d’occhi le palline.
Io dissi a Kolnay: “Pare che abbiano l’aria di volerci rubare le nostre palline”. E Weisz, che la sa sempre più lunga degli altri, aggiunse: “Vedrete che bell’ Einstand faranno se vengono qui”. Da parte mia pensai che, siccome noi non avevamo fatto mai niente di male a loro, anch’essi avrebbero dovuto lasciarci tranquilli.
In principio infatti si accontentarono di guardarci giocare, anche se uno diceva sottovoce: “Che belle palline!” e l’altro: “Le prendiamo noi?”. Kolnay allora mi disse: “Dici che sia meglio interrompere la partita?”. Io gli risposi, sempre a voce bassa perché i Pasztor non mi udissero, che non volevo si interrompesse il gioco proprio ora che, dopo Richter, toccava a me tirare. “Ora tiro io, gli dissi, e se vincerò ce ne andremo”.
Intanto Richter aveva fatto il suo tiro, ma la mano gli tremava dalla paura e così non aveva preso niente. Toccava a me, e lanciai la mia pallina. Non so per quale straordinario caso, poiché la mia mano tremava anche più di quella di Richter, riuscii a colpire, con la mia, l’altra pallina e vinsi. Andai dunque per raccogliere la vincita; pensate che c’erano più di trenta palline per terra, e per di più di vetro colorato, ma non m’ero ancora chinato che il più giovane dei Pasztor mi balza d’innanzi e mi grida: “Einstand!”.
Le statue
Ed è proprio questa scena ad essere vividamente ritratta in una serie di sculture in bronzo che si trovano sul marciapiede di fronte alla scuola, ovvero proprio dove si sono svolti i fatti raccontati da Molnar.
Gli stessi fatti, ovvero il passo del libro che ho appena citato, sono scolpiti in lingua originale su una targa di marmo incastonata nel muro di mattoni della scuola.
Caro amico, questa è la storia del nostro gruppo. Tutti noi abbiamo vissuto le esperienze, che ti abbiamo raccontato, con passione e immedesimandoci nei ruoli del gioco. L’epilogo ha rattristato tutti, vincitori e vinti. I momenti vissuti, unici e fantastici, geniale invenzione del nostro Ferenc Molnàr, caratterizzano giorni, storie e vite passate in una Budapest che non sappiamo se ritroverai. Ci auguriamo che tu, con i tuoi amici, visitando Budapest, riscopra la via Pàl per proseguire la storia dove Molnàr l’ha conclusa.
Ciao! i ragazzi della via Pàl
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