La bellezza di Taranto dorme in provincia: vi aspetta l’orgoglio ostentato di Martina Franca, resa barocca dal tentativo superbo e cafoneggiante dei latifodisti del posto di rivaleggiare con Napoli capitale. Le loro case imbiancate a calce si adornarono allora di portali elaborati, frontoni senza pudore nella loro ridondanza. E sorsero chiese quasi più grandi della piazza destinata ad ospitarle.
Sembra sempre di essere in Spagna: il sole batte implacabile sulla pietra e crea riflessi e vampe di calore.
Per sfuggire all’ arsura ci si rifugia sotto gli ombrelloni dei bar di Piazza Plebiscito, dominata dal Roccocò della cattedrale di San Martino, ad osservare la vita che gira attorno ed a godersi la bellezza del Barocco.
Poi ci si ingolfa nel gomitolo di vicoli della città vecchia, dove c’è più ombra e ad ogni angolo sembra sbucare una sorpresa barocca.
Tutt’ attorno alla città ci sono ulivi e vigne. Una campagna che soffre l’ aggressione della xylella, solcata da strade che lentamente portano a Sud, verso Taranto.
Taranto
Sono appoggiato ad un muro a fotografare quando vengo interrotto da una voce.
“Fate le fotografie?” mi chiede un’ originale signora del posto, improbabile caschetto biondo platino ed occhiali da sole con montatura bianca su una faccia da ultrasessantenne. “E per favore venite a fotografare l’ immondizia del vicolo dove abito. Roba da prendersi malattie!
Certo, qui è sempre stato abbastanza sporco, ma adesso abbiamo superato ogni limite”.
In effetti la signora non ha torto. Qui non ci sono cumuli di immondizie, ma la spazzatura è dappertutto nei vicoli della città antica, dove potrete trovare cozze e decadenza, sprazzi di bellezza dispersa ed antichi palazzi fatiscenti ed abbandonati, in attesa che il tempo faccia la sua parte.
La bellezza negletta
Non che la bellezza non ci sia, ma è negletta.
Il duomo di San Cataldo è una gemma incastonata in un tessuto urbanistico marcio: è circondato da impalcature e da palazzi inagibili e con i portoni murati; tante grosse superfici lisce ed intonacate sono perfette per ospitare l’ arte dei graffitari del luogo. Ed infatti qui gli affreschi di strada abbondano, a metà tra il futurista ed il surrealista, con evidenti richiami alla Magna Grecia che fu la mamma di Taranto.
Decadenza anche nella vecchia banchina dell’Arsenale Militare, che ospita navi in disarmo come l’ ex ammiraglia Vittorio Veneto, ormeggiata qui da anni, con i cannoni mozzati ed otturati e la ruggine che si fa strada lungo lo scafo ed il ponte portaelicotteri.
Più in fondo dovrebbero esserci i sommergibili, ma fin lì la vista non arriva.
Di fronte, i pescherecci e gli allevamenti di cozze del Mare Piccolo, e sulla banchina una pensilina stile Liberty in metallo che fa pensare ad una vecchia stazione ferroviaria. Ma binari non ce ne sono e la pensilina fa ombra ai tavoli di un ristorante, mentre poco distante un cartello avverte dell’ esistenza dei lavori di restauro e valorizzazione.
La città nuova
Oltrepassato il ponte mobile, la città nuova accoglie i visitatori con strade larghe ed alberate, il monumento ai marinai che guarda verso il tramonto all’ orizzonte ed un lungomare alto sulle onde e panoramico.
Qui oggi, alla Rotondo del Lungomare, arriva anche la Milano-Taranto, riedizione per amanti delle due ruote d’ epoca di una gloriosa corsa a tappe: una dozzina di veterane sfilano rombando e sputacchiando lungo le banchine del porto peschereccio nell’ indifferenza generale per poi andare a tagliare il traguardo.
All’ orizzonte fumano placide le ciminiere dell’ ILVA, quel mostruoso gigante di cui Taranto non sa e forse non può disfarsi ed il resto dell’ orizzonte è tutto mare azzurro che invita a proseguire il percorso, verso Sud-Est.
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Anch’io ho sempre pensato che Taranto sia di gran lunga una delle città più belle ed affascinanti di tutto il Sud Italia… anche se bella in modo teso e drammatico, esattamente come hai saputo bene descriverla tu