Qui c’è lo spartiacque tra l’Oceano Atlantico e il Mar Cantabrico, è il punto più alto delle montagne circostanti, bruna e cupa, la terra punta a Occidente.
(Cees Nooteboom, Verso Santiago.)
Quassù, a 1.300 metri di altitudine, c’è il regno del silenzio e delle nuvole. Questo è il loro capolinea; provengono dall’ Atlantico, si sono nutrite della sua umidità ed hanno percorso tutta la Galizia distribuendo pioggia e fertilità. Arrivate a O Cebreiro scaricano tutta l’ acqua che rimane. E non è poca. Dall’ altro lato delle montagne inizia l’ immensa ed arida meseta.
Ma le cose vanno guardate al contrario. O Cebreiro è la porta d’accesso alla Galizia per chi percorre il Cammino di Santiago e arriva da Lèon e da Astorga e per intere settimane ha camminato nell’ altipiano spagnolo.
Fa anche freddo a O Cebreiro.
E siamo in estate.
Il paesaggio della Galizia è pieno di fiabe e proverbi, streghe e maghi, di apparizioni inattese e boschi fatati, spiriti volanti e nebbie celtiche, anche chi cammina solo per qualche ora nella penombra e poi prosegue per tutta la notte si sente prigioniero di una chimera, il sentiero non è un sentiero, i cespugli sono cavalli.
(Cees Nooteboom, Verso Santiago.)
D’ inverno passare da qui non deve essere per niente piacevole. Lo scoprì a proprie spese anche il generale britannico John Moore. Nel 1809 nel corso della sua ritirata verso il porto di La Coruña, si rifugiò qui con le sue truppe, inseguito dai soldati napoleonici. I soldati svernarono quassù, e tanti ne morirono per il freddo. E per la fame. Lo stesso generale non sopravvisse loro per molto, ma è un’ altra storia che non ha niente a che vedere con questi monti.
I viandanti arrivano qui stanchi per la salita dopo tanta infinita pianura. Sono abituati al clima caldo e secco ed al sole implacabile della meseta spagnola. E si ritrovano catapultati tra vento e nuvole.
Tipiche di Cebreiro sono le pallozas.
Sono abitazioni di pietra dalla forma ellittica con tetti di paglia. Probabilmente sono di origine celtica ed erano qui prima dell’arrivo dei Romani.
L’ apparizione dei primi tetti delle pallozas è il segnale che l’ ultima grande fatica è terminata. Una volta erano abitate e fornivano alloggio e ristoro ai viandanti; oggi sopravvivono come frammento di passato cristallizzato dall’ UNESCO. I pellegrini non si rifocillano più qui, ma nel ristorante accanto, ospitato in una casa di pietra.
“Ce l’ ho fatta, Santiago è dietro l’ angolo” pensano, ma si sbagliano.
La strada è ancora lunga, c’ è ancora un settimana di cammino. Ma pensare di essere ormai quasi arrivati aiuta a ritrovare un po’ di buonumore, prima di prepararsi per la notte che trascorrerà nell’ ostello costruito dai monaci di Cluny, arroccatisi anche qui a presidiare il collo di bottiglia attraverso il quale doveva necessariamente passare tutto il traffico diretto verso le coste atlantiche. Ci sono rimasti per secoli, i monaci, su questo sperduto cocuzzolo di montagna. Finché l’ apertura di nuove strade carrozzabili rese il cammino di Santiago strategicamente meno importante.
Prima di sera tutti trovano il tempo per visitare la chiesa di Santa Maria la Real, che sorge proprio accanto all’ ostello e che in realtà è un falso. L’ originale tempio medievale fu distrutto agli inizi del 19 ° secolo durante la rivoluzione anti-clericale. L’attuale edificio sacro fu costruito tra il 1965 ed il 1971 sulle fondamenta di una chiesa pre-romanica.
E allora perché visitare la chiesa? Perché ospita il calice sacro con le reliquie del leggendario miracolo del Santo Graal: la tradizione vuole che un giorno d’ inverno un sacerdote stesse celebrando la Messa. Un contadino di un villaggio vicino, dopo aver percorso la strada verso la cima della montagna attraverso una terribile bufera di neve per ascoltare la Messa, entrò in chiesa proprio nel momento in cui il prete stava eseguendo la consacrazione. Il sacerdote nel vedere il contadino lo ridicolizzò per aver fatto tutta la strada fino alla cima della montagna e con quel tempo solo per assistere ad un miracolo inesistente. In quel momento, il pane e il vino sull’altare si trasformarono letteralmente in carne e sangue. (Fonte: http://www.pilgrimpathways.com/pilgrim_pathways.asp?IdSeccion=1&IdNoticia=46)
Ma stiamo parlando del Medio Evo, ed i tempi erano quelli che erano: il miracolo trova conferma per mano del Papa di allora, Innocenzo VIII, uno che non è una figura di secondo piano nella storia della Chiesa e neanche della storia della Spagna. Fu infatti il Papa che diede avvio alla caccia alle streghe e che nominò Torquemada Grande Inquisitore di Spagna. Insomma un tipetto tutt’ altro che liberale e malleabile.
Nel 1486 Isabella I di Castiglia e Ferdinando II d’Aragona – che non erano ancora stati nominati Re Cattolici dal successore di Innocenzo VIII ma avevano già iniziato ad espellere mori ed ebrei dalla Spagna – si fermarono presso il monastero di O Cebreiro durante il loro pellegrinaggio verso Santiago.
E’ un loro dono, per l’ occasione, il calice dove sono tutt’ ora custodite le reliquie del miracolo e che compare anche nello stemma della Galizia.
Pallozas, nuvole, sentiero, chiesa: quando scende la sera tutto inizia a sfumare nel buio ed è davvero giunto il tempo di preparasi per la notte tra nuvole e vento sulla cima di una montagna al confine con la Galizia, terra di favole e di streghe, di fate del bosco, spiriti volanti e nebbie celtiche.
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Sei grande! Lucio
Wonderful photographs; though on about half of the images I would have felt more comfortable with a lessening of your ‘Tone Mapping’. A little make the image “pop”; VERY STRONG effects make the image more about the enhancement, less about what you saw when you made your picture in the first place. Just as a suggestion: you may find that by first making a copy of your original image as a separate layer you convert to a ‘Smart Object’, then enhancing that layer AND LATER reduce its opacity *above your original image* below the Smart Object layer. This way, Giussepe, you get to make a more subtle “hybrid” of the two. (I can direct you to a 12 minute screencast I made that explains my preferred workflow between Lightroom and Photoshop and whatever enhancement-plugins one cares to work with. I don’t want to do that here in my initial comments. That’s too spam’y.) Cheers, mm
Le foto e la scrittura sanno trasportarti nella storia dei luoghi … Complimenti
Grazie Vincenzo!